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La settimana

La settimana XXII

1) A marzo i centri antiviolenza della rete D.i.Re hanno ricevuto il 74,5 per cento di richieste di aiuto in più rispetto alla media mensile del 2018
https://www.ilpost.it/2020/04/15/numeri-centri-antiviolenza-dire-coronavirus

L’Associazione D.i.Re, che riunisce 80 centri antiviolenza non istituzionali, ha diffuso alcuni dati sulle richieste d’aiuto ricevute da donne vittime di violenza tra il 2 marzo e il 5 aprile: sono state 2.867, il 74,5 per cento in più rispetto alla media mensile del 2018, l’ultima rilevata.

Un altro dato diffuso da D.i.Re riguarda la percentuale di donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza per la prima volta: sono state il 28 per cento del totale. Questo dato è preoccupante secondo Paola Sdao, una delle responsabili della raccolta dati di D.i.Re, perché nel 2018 le richieste provenienti da donne che non avevano mai chiamato prima erano il 78 per cento: questa differenza sembra indicare che anche se in questo periodo ci sono più richieste del normale, è più difficile chiedere aiuto per le donne che non lo hanno mai fatto prima.

2) Il razzista odia gli altri perché odia se stesso, ci disse Sartre
https://thevision.com/cultura/razzista-sartre

Il democratico e l’antisemita descritti da Sartre incarnano perfettamente figure più che contemporanee. Il primo è l’antesignano del falso democratico di oggi, colui che promuove l’universalità dei diritti a livello teorico, per poi condannare nella pratica anche la minima differenza. È quel “ma” che sentiamo aggiungere spesso: non sono razzista, ma il velo no; non sono omofobo, ma che si tengano per mano a casa loro. Il falso democratico accetta il nero, l’arabo, l’omosessuale, ma solo a patto che questo smetta di essere nero, arabo o omosessuale, o almeno che non lo manifesti in pubblico; che si spogli della propria cultura, annullandosi, e diventando il riflesso di quello che la società vorrebbe che fosse.

Il secondo, l’antisemita, rappresenta bene il razzista italiano, ma anche francese o tedesco, che troppo spesso viene definito populista. Colui che, se allora fosse esistito Facebook, avrebbe commentato: “E allora l’ebreo?” Incapace di assumersi le proprie responsabilità e di mettere in dubbio le proprie convinzioni istintive, porta avanti una battaglia feroce per dimostrare a ogni costo la presunta superiorità delle sue idee, senza che abbiano fondamento e senza concepire anche solo l’eventualità di un confronto come strumento per la crescita personale. La sua non è una semplice opinione, né rientra nella libertà di espressione, in quanto prende di mira specifiche persone per sopprimerne i diritti fino ad augurarne la morte.

3) Non lasciamoci addomesticare dall’abuso del virus
https://ilmanifesto.it/non-lasciamoci-addomesticare-dallabuso-del-virus

I governi del mondo stanno facendo del nostro panico una vertiginosa torre di Babele. Da anni la destra ci spaventava coi migranti per raggiungere lo scopo di una dittatura senza dittatore, ma non ha avuto il colpo di genio di usare una delle tante epidemie che periodicamente ci cascano addosso. Qualcuno ha già messo le carte in tavola, come Orban o Trump; qualcuno si rifiuta ancora come la Svezia; altri invece, con Italia e Francia in testa, ci offrono un merletto di menzogne, silenzi e pressioni per convincerci che la cattività imbavagliata è l’unico modo per respingere un virus che però non se ne dà per inteso e continua a sfornare lo stesso numero di morti.

4) Nelle baraccopoli di Lima la fame uccide prima del virus
https://www.internazionale.it/notizie/andrea-closa/2020/04/14/baraccopoli-lima-virus

Lavorare a casa per molti non è possibile. Ci sono persone che hanno bisogno di uscire per riciclare, cucinare, vendere caramelle, articoli per la pulizia o qualsiasi altra cosa gli permetta di guadagnare qualche spicciolo. Non è neanche semplice restare puliti e rispettare la quarantena. Perché non tutti hanno acqua per lavarsi le mani. Alcuni non possono restare a casa. E non per egoismo, ma per spirito di sopravvivenza.

Loro, i peruviani poveri e gli immigrati che non sfogano la loro angoscia sui social network perché non hanno accesso a internet, non vogliono che ogni giorno sia domenica. Non vogliono riposarsi. Non vogliono perché non possono, e non possono perché hanno bisogno di uscire per essere visti. O per sognare che qualcuno si accorga di loro. Hanno bisogno di gridare per essere ascoltati. Perché è probabile che, se non sarà il nuovo coronavirus a ucciderli, ci penserà la fame.

5) È il momento di pensare al mondo che verrà
https://www.internazionale.it/opinione/ece-temelkuran/2020/04/12/coronavirus-ritorno-normalita

È ormai qualche tempo che la storia ha avuto un’accelerazione. Il capitalismo si è praticamente disgregato, a causa di leader incapaci o autoritari, e la crisi climatica ci ha già fatto intravedere la tragica fine della storia del genere umano. La crisi dei rifugiati, con il suo epico fallimento morale globale, ci ha messo di fronte al fatto che la fine dell’umanità non ha bisogno di drammatiche apocalissi, ma può avvenire nella maniera più banale, come un reality show trasmesso in televisione. Stiamo tutti cercando di tenerci al passo con i caotici sviluppi politici e naturali, come se fossimo attori scaraventati in un film dell’orrore che vagano senza avere idea della sceneggiatura. Grazie al nuovo coronavirus quest’accelerazione ha raggiunto la sua velocità massima.

Due cambiamenti importanti stanno prendendo forma: la giustizia sociale è percepita come una cosa necessaria (semplicemente non vogliamo morire come vittime di un sistema sanitario pubblico senza risorse) e la scienza ha ritrovato il suo onore (non vogliamo morire in un mondo dominato dall’idiozia). Il genere umano sta finalmente accettando il fatto che, per sopravvivere, deve abbandonare l’avidità istituzionalizzata e seguire i fatti, la verità e la morale.

6) Sankara: l’ultimo discorso (da scolpire nella pietra) che gli costò la vita
https://www.dolcevitaonline.it/sankara-ultimo-discorso-che-gli-costo-la-vita

(articolo del 2016, ma che segnalo per chi non avesse ancora avuto modo di conoscere la figura di Sankara. Al suo interno si trova il video che riporta l'ultimo discorso pubblico del leader burkinabè)

29 anni fa un piccolo uomo dalla pelle nera sfidò i potenti del mondo. Disse che la politica aveva senso solo se lavorava per la felicità dei popoli. Affermò, con il proprio esempio personale, che la politica era servizio, non potere o arricchimento personale. Sostenne le ragioni degli ultimi, dei diversi e delle donne. Denunciò lo strapotere criminale della grande finanza. Irrise le regole di un mondo fondato su di una competitività che punisce sempre gli umili e chi lavora. E che arricchisce sempre i burattinai di questa stupida arena. Urlò che il mondo era per le donne e per gli uomini, tutte le donne e tutti gli uomini e che non era giusto che tanti, troppi, potessero solo guardare la vita di pochi e tentar di sopravvivere.

7) Il neoliberismo distruggerà il Cile, disse Sepúlveda. Così è stato
https://thevision.com/attualita/luis-sepulveda-cile

(contiene peraltro interessantissime foto d'epoca, riguardanti gli anni '70 in Cile)

Sepúlveda aveva creduto a un progetto rivoluzionario e insieme a lui i giovani cileni che militavano nelle fila della gioventù comunista e socialista del Paese: la lezione morale impartita da Allende. “Gli anni di Unidad popolar sono stati un sogno ad occhi aperti”, ha testimoniato la regista Carmen Castillo nel documentario diretto da Nanni Moretti Santiago, Italia, “un Paese intero, una società intera, era innamorata”. Anche per questo quell’11 settembre 1973 ha rappresentato non solo l’inizio di un’ingiustizia mai sanata, inferta nella mente e sui corpi martoriati di tanti cileni, ma anche la fine di una visione politica di fratellanza e condivisione laica.

Vi segnalo e suggerisco caldamente anche il documentario RAI dal titolo Luis Sepúlveda - Lo scrittore del Sud del mondo, che potete trovare in streaming qui, della durata di 51 minuti.